mercoledì 24 agosto 2011

un cuore di pietra..

 

  

                                          20-21 agosto 2011
                                          bivaccando una notte alla vaudalettaz per traversare
                                          dalla val di rhemes alla valsavaranche
                                          attraverso il col rosset.
                                          VDA: da thumel  a pont


In genere certi particolari vengono super fotografati, ma io stavolta non me ne ero proprio accorta che, su quel masso bagnato dal torrente vigoroso, fosse rimasta una zona asciutta, proprio a forma di cuore. Stupore scaricar le foto.
E così iniziamo da qui a raccontare piccole, buone e semplici esperienze che proprio al cuore fanno tanto bene.

Sabato pomeriggio alle due si parte in buon e assortito gruppo, lasciando la calura del fondo valle che da giorni ci sfianca.
Saliamo a Thumel in fondo alla val di rhemes, guadagnando già una decina di gradi in meno.
L'aria, sempre calda, è comunque più respirabile e questo ci piace perchè lo zaino sulle spalle con scorte e sacco a pelo si fa sentire.
E' davvero tanto che non capita più di passar una notte fuori nel silenzio della montagna.
Paradossalmente capitava più spesso quando vivevo a Firenze di organizzar le fughe dalla città, per cercar la pace di qualche luogo dove godere a pieno dello spettacolo di un cielo stellato e di un risveglio con le prime luci del mattino che impatinano i monti.


Si parte: la salita nel bosco al riparo dai larici ci aiuta a romper il fiato senza farci sciogliere di sudore.
Il ns condottiero Roberto, con le sue illuminanti spiegazioni di flora e geologia su come si son trasformati i ghiacciai, ci aiuta a trovar il tempo per attaccarci alla borraccia, mentre fermi sul sentiero lo ascoltiamo.

E' l'ora in cui comincia a cambiar la luce, forse anche la stagione.
Mi piace.
Sul sentiero se ne vanno passi e chiacchiere; con qualcuno è tanto che non ci vediamo e qualcuno invece è un nuovo volto e, come spesso ho riscontrato in montagna, anche stavolta capita con molta naturalezza di poter ascoltare qualcuno raccontarsi davvero.
Così arrivano le parole di Ele. e del suo essersi regalata qs week in Valle dopo un anno di assenza dall'amata montagna, per star dietro ai tanti impegni della vita. Lei inizia appena il suo racconto ed io vengo sommersa per un attimo dal cuore grande, dal coraggio e l'entusiasmo di una persona a me estranea giusto un'ora prima. Senza dirglielo, da lei ripasso un'antica lezione (ancora da finir di imparare evidentemente): dal sognare al realizzare i sogni ci va di mezzo solo lo smettere di accontentarsi e di star buoni in silenzio a sopportare quello che non ci appartiene nel profondo.
Cose note in teoria, ma evidentemente ascoltare la sua bella storia in quel meraviglioso contesto mi ha ricentrata sulla verità che si è comandanti del nostro andare, e che come dice il detto chi non risica...

Lascio scivolare le buone sensazioni sotto pelle, sotto cuore, nella speranza che diano l'energia e lo spunto giusti.

noi dormiremo là..

Salendo appare la nostra dimora per la sera: piccola rispetto alle due montagne che la sovrastano e circondano, perfettamente accolta nel verde del pascolo e nel fragore del torrente.
Si mollano appena gli zaini, giusto il tempo per un thè, e già i più inquieti, o forse solo curiosi, vanno a godersi altri due balzi di prato fin su alla cascatella che intravedevamo dal basso..
Inutile dire che la vera protagonista di ogni scenario di montagna dalle 18 in poi, in questa stagione, è la luce che veste da sera tutto, rendendolo morbido come un rientro a una dolce casa, dove la sola atmosfera ha il potere di riposar e accogliere.
la dolcezza del finir del giorno, che non necessita di tante parole:

monti color cipria

tra azzurro del cielo e limpide acque rimbalzano gli ultimi caldi
raggi di sole e fanno capolino gli animali della montagna lassù
in alto, distanti  da noi e indisturbati .

controluce, a mostrar la sua calotta colpita dal sole obliquo, il ghiaccaio
del Goletta che pare una vera piattaforma di lancio del giorno che finisce
per trasformarsi in notte

Rientrar al bivacco, lasciando fuori ancora tutta quella bellezza, è ammissibile solo dopo aver immerso i piedi nelle fresche acque del torrente, asciugati poi camminando sui caldi massi a bordo acqua.

Di passo svelto scendiamo dai compagni che ci accolgono con una bella tavola inbandita e profumo di polenta e salsicce.

Fuori ancora tanta luce e tepore, dentro sa proprio di casa e non resta che aspettar tra bicchieri di vino, chiacchiere, lardo, risate e fontina il calar del buio per lo spettacolo che già ci pregustiamo del cielo stellato.

Così, persi davvero gli occhi in miriadi di stelle e bagliori di un temporale molto lontano, nel buio incontaminato non importa neanche esprimer desideri davanti alle stelle cadenti: almeno per me, il desiderio di trovar un pò di pace per questo week end si realizza già solo tenendo gli occhi su quel cielo di misteri e magia che Roberto va spiegandoci, indicando costellazioni e antiche usanze..
Rapita dall'incanto.

L'aria è fresca e penso al caldo che ad Aosta solo la notte prima impediva di riposar bene.
Lassù ho persino il cappello in testa e, appena rientrati al bivacco, non mi sottraggo al giro di grolla calda proprio per recuperar calore e far scorta di qualche altra risata.

La casa si zittisce è l'ora della nanna (sebbene dormire in queste situazioni sia davvero difficile per molti).
Il giorno dopo ci aspetta un bel giro di nove ore su e giù per monti per svalicare in Valsavaranche, attraverso l'irto Col Rosset.





Da quassù salutiamo per l'ultima volta il ghiacciao della Goletta che per tutto il tempo ci ha accompagnato, e ci apriamo sulla Valsavaranche sul ghiaccaio del Gran Paradiso, che ci farà compagnia fino alla croce di Roley.

ghiacciao della Goletta

il Gran Paradiso
A salutarci, ma tra una foschia d'umido, c'è pure la catena del Bianco e il piccolo lago incontrato appena all'inizio della salita del Col Rosset:

davvero suggestivo adesso visto dall'alto..

sembra quasi voler fare da antipasto ai laghi del pianoro superiore del Nivolet che rapiranno il mio cuore e dentro cui tanto volentieri  mi sarei bagnata, insieme a qualche altra temeraria della truppa.





Ma è tardi e la meta è ancora piuttosto distante, per cui si pranza e si inizia a scendere sempre più decisi e stanchini..
Stanchini soprattutto i piedi e le gambe che chiedono, ottenendola :) una salvifica immersione in un fresco e trasparente corso d'acqua che davvero dà una sferzata di vigore a tutti, rimettendoci al mondo.

Il più è fatto; alla croce di Roley inizia l'ultima discesa prima del dissetante e dolce cocomero giù al bar di Pont.

E' finita, adesso ci si riposa.. e la mente, messi i piedi fuori dagli scarponi, pian piano riprende i pensieri del vivere quotidiano interrotti con la salita di poco più di 24 ore prima.
E' stato black out totale, stacco da ogni..
La meraviglia della montagna.

Domani è lunedì e non vorrei; ma so che con questa due giorni ..sarà un lunedì con più numeri per non crollare subito al suono della sveglia delle 6.45.

Giù a Pont si prepara un altro tramonto e un altro cielo stellato senza luna; eppure la mia affascinate luna è comunque salita a salutarmi in questi due giorni, perchè proprio tutta la bellezza del cielo fosse presente.
L'ho colta,  piccola nel cielo azzurrissimo e freddo allo spuntare del sole, la mattina al bivacco della Vaudalettaz.



Prima di ripartir dalla Valsavaranche, guardando le foto fatte, rivedo quello scatto e mi rendo conto che quasi tutto un giorno si è compiuto per noi là sui monti
e del mio esserci stata semplicemente ringrazio...




                     

domenica 14 agosto 2011

la mia tenda..

13 AGOSTO 2011
LILLAZ-LAGHI MISERINO
24 KM
2250MT DISLIV + --

Partire dal luogo dove si è sempre vissuti per venir a vivere in uno completamente ignoto, non portandosi dietro nessun mobile proprio, oggetto, quasi nessun libro, ma giusto gli abiti, molta musica e una tenda, secondo me la dice lunga sul concetto di radici..

ma questo è un discorso lungo, impegnativo quasi come affrontare un 4000 (mt).. e allora parlerò solo dell'irresistibile voglia di piantar due picchetti che mi ha assalito sabato durante la gita ai laghi Miserino, nella Val di Cogne.

Sabato mattina la partenza è davvero confusa.
Siamo in quattro e quattro (quasi) sono gli orari di arrivo all'appuntamento; quattro le mete proposte...
Una di quelle volte in cui parti un pò storto, con una parte di cervello che pensa: era meglio se mi organizzavo da sola e l'altra che suggerisce: tranquilla, sarà comunque un buon dì di monti.. Evita le polemiche e goditi la giornata.

Alla fine la meta è decisa: laghi Miserino.
Parto lasciandomi guidare da quel che è arrivato senza neanche guardar la carta.. tanto che, solo dopo una mezzoretta di sentiero, comincio a chiedere info sul lato di monte che percorreremo, una volta superato il bivio sull'itinerario che conosco.

La partenza da Lillaz su per il sentiero che va a Bardoney ci vede di passo bello allegro, ma secondo me è per il fatto che quel sentiero ci è abbastanza noto ed ha la caratteristica, per quanto corto e ameno, di non finir mai..
Così falcate in cerca di una strada davvero nuova per tutte e 4!!

Alle paline, che in genere ci portano ai casolari del Bardoney, procediamo invece per l'alta via n. 2 in direzione Fenetre de Champorcher. Qui, dopo una ventina di minuti, si profila il valllone-scempio per i tralicci dell'alta tensione.
Nessuno osa dir molto, ma siamo ben lontani dai paesaggi incontaminati, selvaggi e semplici che tanto cerchiamo.
Non ci sono neanche più i coreografici funghetti del bosco.
Tutto è piuttosto brullo, nonostante il torrente che attraversa la valle e che insieme al venticello fa il suo bel canto.
Si va comunque avanti, cercando di prender il buono di una giornata di sole, comunque abbastanza fresca;
il buono della vista di fianchi di montagne che, se da un lato scendono morbidi di color tra il verde e il marrone-terra, decorati da ombre di nuvole,


dall'altro si mostrano davvero severi, precipitati come sono in massi e frane che rilucono al sole come fossero stagno, per l'elevata presenza di mica.



Il sentiero spiana sempre di più, fino a diventare larga traccia ormai in mezzo ai pascoli coi loro montarozzi di erba dietro i quali, essendo già un pò che camminiamo, qualcuno immagina esserci la conca del lago.

Io dubito sia così e continuo a tener gli occhi alti sulle rocce scurissime, quasi nere, a destra del tracciato, constatando per l'ennesima volta coi miei compagni che certe rocce hanno facce:



Per lo più profili di facce, forme di giganti di pietra, assopiti in un sonno di ere; quasi sospesi nel tempo come in attesa, senza fretta. Immobili dentro un attimo che mi fa sempre pensare che i monti possan raccontare di storie e personaggi mitologici, come le antiche leggende.

Continuiamo a salire, tagliando oramai i salti di prato e pascoli, per sentir un pò le gambe lavorare, visto che davvero sembra di esser in una viottola di campagna, oramai da un'oretta abbondante.

Io continuo a guardar la montagna nera e quel volto che ci vedo dentro, a metà tra la maschera funebre e la faccia dell'androide.

Paline segnano orami 20 minuti all'arrivo ai laghi.
La prendiamo sottogamba, data la facile, sebbene lunga salita fatta finora.

Ma mai prendere sottogamba niente: attraversato il torrente tutto muta..
Il paesaggio di prati dal largo tratturo, dagli ampi spazi aperti diventa un serpente che striscia tortuoso tra polvere e sassi e si inerpica bello deciso.
Davanti si staglia una becca appuntita e un pò storta e sul lato dx si apre in lontananza la catena del Bianco..


spunta il Bianco

 

finalmente un sentiero di montagna ;)

C'è ancora una roccia a cui il mio sguardo rimane incollato: sta alla nostra sinistra e si staglia come un'onda imperiosa di lava raffreddatasi.
Son questi gli spettacoli davanti ai quali mi dico che devo prender libri di geologia e simili, per capire cosa possa esser successo nell'attimo in cui la collisione della placca adriatica con il continente europeo chiuse, nella regione centrale del Mediterraneo, la Tetide (braccio di oceano che separava africa europa e asia) dando origine alle Alpi.
Troppo affascinante.
I piedi salgono e gli occhi si godono quel lato di monte che continua a sembrarmi come magma solidificato in bizzarre forme:

Passo dopo passo nell'immaginazione si prefigura la conca morenica che ci svelerà il laghi..
Ma la realtà in montagna spesso supera la fantasia..


primo lago Miserino

ed io, all'apparir del primo e poi del secondo e alla fine del terzo lago, immediatamente sento nascer dentro un desiderio grandissimo di piantar la mia piccola tenda (rimasta ovviamente a casa!!) là.



secondo lago Miserino (pare il mare della sardegna!)

La mia mente è già oltre.. ad immaginar su quelle sponde tanto l'aspettar della fine del giorno con l'accendersi delle stelle e del freddo pungente, quanto il salire delle prime, tenuissime, rosee luci di un'alba di un vero nuovo giorno..
Immagino il silenzio della notte e forse il giro del vento;
il freddo da cui ripararsi dentro un caldo sacco a pelo
e chissà ..magari il rumore di qualche animalino della montagna che là, a un passo da acque cristalline, scendendo per lisci sassoni arriva vicino alla mia verde, silenziosa tenda a brucar dell'erbetta in questo paesaggio stile irlanda.




prati, grandi sassi intorno al terzo lago Miserino
 
C'è l'acqua,
c'è il prato,
i sassi piatti,
le pareti che precipitano nel lago,
il silenzio,
uno spettacolo inenarrabile di nuvole che, spinte dal basso da correnti d'aria, non riescono a superar le pareti della morena, restando al di là dello specchio d'acqua a dissolversi velocissime come fumo in spirali verticali, consentendo al cielo limpido di specchiarsi indisturbato nelle trasparenti acque del lago.




le nuvole provano a passare

c'è esattamente tutto quello che deve esserci perchè di niente io possa sentir la mancanza..
tranne, maledizione, della mia tenda che è rimasta a casa... :)


DETTAGLIO ITINERARIO:




mercoledì 10 agosto 2011

bacche rosse, sole e luna

bacche rosse, salendo verso Mont Poignon da Champlong.
mercoledì 10 agosto 2011, nel tardo pomeriggio.

Gite piccoline, a ristoro di lunghe giornate davanti a PC fluorescenti in uffici senza finestre.

Al volo, arrivate le diciotto, schizzo via dal capannone dove lavoro.
Lì davanti all'officina svetta la Becca (di Nona.. per i non valdostani), ma dalla soffitta dove sono io vedo solo un pò della striscia di cemento della pista d'atterraggio dell'areoporto.
Nient'altro per otto interminabili ore.
Esco al solito con lo sguardo per aria a rimirar il cielo tornato azzurrissimo e limpido da inizio settimana.
Davanti a me col suo marrone detritico si staglia la Montagna di Aosta e torna il sorriso, mentre il gesto di entrar in macchina è lesto.
Stasera si va, dopo lavoro, a far due passi..

Non saranno molti nè molto impegnativi, ma saranno di sicuro quelli fatati dell'ora in cui il sole fa scivolare i suoi raggi obliqui, rendendo tutto caldo e morbido.
L'ora del sole che spalma di miele ambrato la fine del giorno.

Un altro zaino e due scarpette nuove nuove aspettano il mio zaino lurido e le mie scarpette consunte, che raccontano anche delle passeggiate Toscane nel mio caro Monte Morello.
Scarpe ai miei piedi da anni ormai... :)

La poderale di stasera, che da Champolong sale verso quel tondo Mont Poignon, ci regala subito l'abbaglio del verde dei prati di quell'ora, l'arietta fresca di fine giornata e la pioggia di luce che filtra nel bosco di pini.
Muretti a secco e terra polverosa sulla strada
vegetazione di piena estate ai bordi
e dal naso sale piano un odore che a me (ma a me solo) pare quello di un porto col suo putrescente sapor di salmastro, ma che tanto fa atmosfera di pontile e vacanza.
Forse quel lieve odore di marcio è il ritorno, dalla terra scaldata dal sole, dell'umido delle piogge dei giorni scorsi; i funghi pinaioli color giallo zafferano, che spuntano qua e là, ne son testimonianza..

Noi saliamo e tanto siamo prese dentro un'intensa conversazione, che tutto arriva ai ns sensi quasi distraendoci. Ancora una volta sono assalita dagli odori e la mia compagna con me: un boschetto di pini marini rilascia attraverso il tronco e gli aghi il suo profumo di resina scaldata (stavolta davvero come in una pineta sul mare), tanto che avvicinandoci per rimirar la vista da lì verso la valle, ridendo, ipotizziamo di trovar la distesa d'acqua salata.
E invece no.. distesa sì, ma di cime e luce.

Luce che si appoggia ovunque in mille maniere diverse, puntando a terra ad accendere le pigne e gli aghi secchi che scricchiolano adesso sotto i ns piedi, usciti dalla poderale e imboccato il sentiero.

Passi e parole che riescono ad aver un crescendo proprio in sincrono con l'andare della passeggiata. Il clou del discorso coincide col climax della ns piccola gita.

Arrivati nel punto panoramico da cui ci aspettiamo di vedere sia la magnifica Grivola (col suo ghiacciaio), che il morbido panettone color sabbia di Pointe de la Pierre, spunta invece a sorpresa, in un cielo azzurro pulito, Lei.. grande col suo velo bianco e ancora leggero:





è ancora giorno e, se da una parte il sole inclina, dall'altra la luna sale e si mette proprio in posa per uno scatto da premio...




A me basta..
Basta questa bellezza.
Basta a riparare tante ore e pensieri che oggi se ne stavano un pò bastonati e tristi, come pulcinella nel teatrino delle marionette.


martedì 9 agosto 2011

quota ben essere

Andar per monti a volte significa davvero che, a prescindere, quel che conta è prendere quota.
Quota ben essere.

E questo a prescindere appunto.. dal sole, dal panorama, da quanto si salga, come sabato scorso al Col di Nana, in Valtournanche:

dal Col di Nana, tracce di Monte Rosa tra le nubi
Qualcuno la chiamerebbe ostinazione, qualcunaltro entusiasmo di stare comunque per ore tra i monti.
Mi son chiesta molte volte se la mia sindrome delle 2M (ndr. mal di montagna) racchiuda più un senso di inquietudine o un vero richiamo, ma alla fine più che a rispondere ho impiegato tempo ad andare.
E ho pensato che, come per loro,


l'infaticabile Maya
e le belle mucche al pascolo
così per me esser fuori, in mezzo alla natura, è un modo per provare a  semplicemente stare  e  gioiosamente essere.

Difficile da spiegare a chi in questo week end di fumose nebbie e pioggia abbia scelto un cinema, un ritiro casalingo, un giro per portici cittadini, qualcosa di comunque coperto.
Difficile da far capire anche a chi con me si è ritrovato per sentieri, borbottando però che le nubi si fossero rapite il Rosa, il Cervino e una miriade di altre belle vette, nonchè il grazioso abitato di Chamois. Tutti panorami questi che capivamo ad ogni passo, salendo e scendendo tra nebbie e gocce d'acqua, che nn ci avrebbero fatto compagnia.

montagne di nuvole,
 praterie lavate e rocce..





                               


Ma come canterebbe il buon Francesco De Gregori non c' è niente da capire..
Perchè esser liberi là, un pò per aria, è più che altro una questione di sentire.
Alla fine è sempre stato questo che mi ha spinto a metter i piedi su per senti..eri :)
e questo vorrei passare dello star in montagna sia nei giorni in cui lo sguardo inciampa in un panorama mozzafiato o si perde nell'azzurro di un cielo, sia nei giorni in cui si è avvolti dal velo delle nebbie e si cammina così dentro se stessi, intimi e davvero concentrati sul passo e su ciò che l'occhio vede, intravede, perde e ritrova al dissolversi delle nubi..
quel che manca (un monte, un fondo valle, un orizzonte) in quei giorni lo ritrovi in quel che si svela.. lì a un metro da te, come un laghetto che prima non c'è e poi appare..


pare un lago..


riap..pare il lago !

Magari sarebbe rimasto inosservato in un contesto diverso, e invece così diventa per un attimo protagonista del mio stupore e si becca anche una serie di scatti fotografici del suo risorgere dalle nebbie..
Ecco, lo stupore credo che sarebbe un sentire a cui rieducarsi e, ahimè per chi vive solo di quel che vede (e/o tocca), a volte un VUOTO che si riempie, un NULLA che si trasforma e manifesta si rivelano un bell'esercizio per reimparare a meravigliarsi..


Questo fine settimana conto anche un magico pic nic (domenica al Mont Avic) al riparo di un pino uncinato, mentre la pioggia tamburella il velluto nero del lago ed io (in compagnia di chi come me apprezza) gioco a far con un albero una capanna, apparecchiando un semplice pasto e tante belle chiacchiere che, inevitabilmente in quell'atmosfera, diventano subito vere e genuine, forse anche grazie a un buon vinello rosso che tanto bene ci sta..


Monte Avic: lago visto dal boschetto che ci ripara dalla pioggia :)

E così per magia un boschetto, un lago, e le rocce diventano per qualche ora, come quando si era bambini, un'accogliente CASA.
Per questo, ogni volta, salir di quota per me è un "a prescindere"
BEN ...ESSERE.

Lo consiglio a tutti! :)


mercoledì 3 agosto 2011

Noi attraversiamo l'infinito e ad ogni passo, ad ogni traccia.. ci troviamo faccia a faccia con l'eterno. tagore



salendo verso plan borgno
VDA valsavaranche
un anno fa..
nei ricordi vividissimo...

 

stasera leggo qs frase di tagore e ci vedo dentro tanto di quella sensazione di incontro con l'infinito che mi prende ogni vlt che mi ritrovo su o in mezzo o tra quei lembi di terra, prato o roccia che davvero hanno il potere di portare i miei passi a un passo dalla linea del cielo.
cercherò di portarvi nell'incantevole pezzo di monte dove son stata una domenica di un anno fa, in compagnia di un'amica.
sono andata a ripescare questa cronaca di monte leggendo la frase di tagore, e magari qua, in questo novello blog, ci sta bene per renderlo un pò più farcito ;) e per l'idea di condividere emozioni di montagna.

torno a un anno fa e racconto:

Partite, non prestissimo, ma davvero con una bellissima luce ad inondarci gli occhi (la luce strepitosa del cielo del mattino quando è serenissimo), ci troviamo su per le curve della valsavara.
Le pareti di roccia intorno alla strada cadono perfette, come colorate di un giallo-biondo lucente, giù nel torrente cristallino e spumoso del savara...
Qua è là macchie di verde, i boschetti arrampicati sulle rocce e qualche sentinella solitaria che ha tutta l'aria di essere un larice, col suo ostinato e fiero star attaccato saldo all'amica terra...
il concetto di equilibrio e vertigine, guardando lui, in genere mette molto in crisi il mio ..
Sopra di noi da quel cielo azzurro pulito, che da tantissimi giorni nn si vedeva in Valle, piove letteralmente luce ...calda, pura, fine!!
Siamo al parcheggio di Pont ..un delirio di ferro e pneumatici, che mi fa temere la coda su per il sentiero, almeno nella prima parte che coincide con le mete più frequentate della zona.
ma no.... il boschetto freschissimo e verdissimo di alberi si deve esser inghiottito già i primi trekkers; a me e alla mia amica non resta che salire su questa selciata romana, stupendoci pian piano sempre più della cascata e del torrente, con le sue polle d'acqua trasparente e apparentemente ferma, che scorre a fianco a noi..
Ci sentiamo già in Paradiso, mentre con la coda dell'occhio scorgo, sul versante opposto della valle, un piccolo pezzo di monte come glassato di ghiaccio bianco e lucente sotto i raggi del sole...
saliamo tra cenge di rocce e quell'iniziale panettoncino di ghiaccio si apre e muta forma ad ogni ns passo e si delinea per quello che è...
IL GRANPA...
così nitido e bianco sotto l'azzurro del cielo, da lasciare senza parole..

l'aria è così pulita che la sensazione di allungare la mano e toccarlo è davvero netta...
Arriviamo al punto panoramico della Croce di (A)Roley..
Lui è là !
oramai non occorre più alzare troppo gli occhi per vederlo...
è davanti proprio.
solenne ad allargare il cuore...

 
ci sembra vicinissimo già ora, ignare di quel che sarà più su..


Da qui la nostra strada si divide da quella della maggior parte dei camminatori della domenica che sono già in marcia verso il verde e dolce pianoro del Nivolet, incantevole col suo serpentone d'acqua che lo attraversa.
Cercando il ponte (per attraversar il torrente cm ci dice la relazione) camminiamo un bel pò per qs pianoro impazzite come bambine, scorgendo in ogni corsa d'acqua e lenta cascatella una piscina naturale dove immergerci..
è tanta la tentazione di stendersi su quella morbida distesa di prato e rocce intorno al corso d'acqua e finir lì la gita a bearsi di sole e aria fresca...
ma resistiamo e troviamo il secondo ponte (essendoci perse il primo, distratte da cotanto eden) per iniziar la ns salita verso il cielo davvero...
piano piano tra sassi e sotto pareti di roccia su cui scivola, senza foga nè salti, una lunghissima e lenta cascata iniziamo a salire.. Lei scivola delicata giù, noi zompettiamo tra sassi su, attraversando un vero capolavoro dell'architettura dell'Alpe: i resti dell'alpeggio Turin, assolutamente inglobato nella roccia sottostante e sovrastante..
Da lontano quasi si fatica a capire cosa sia casa e cosa montagna..


alpeggio basso di turin

Ovunque rumore d'acqua, che accompagna il respiro, le parole e i sassi smossi del sentiero che sale stretto su per la parete, di fianco alla lemme cascata, donandoci un panorama aperto su ogni lato e sempre più ad altezza Granpa (sebben gli siamo oramai quasi di schiena)..
Il bianco sberluccicante ed uniforme del ghiacciao di qualche ora prima, adesso grazie a un nuovo batter della luce, si è come trasformato; riusciamo persino a vedere le fratture e le concrezioni del ghiaccio grigio.
Lui è sull'altro lato della valle ma sembra lì dalla nostra parte!!!
Saliamo, fa caldo ma ci accompagna sempre un vento fresco delizioso e salvifico..
Saliamo, e davvero è cm conquistare un piano dietro l'altro di questa parete che ci separa dalla ns meta. Ogni tanto ci sembra che sopra di noi nn ci sia più niente, se non cielo, ed invece si apre un altro pezzo di sentiero da salire...
finalmente spunta il casotto del guardiaparco...
ci siamo; dalla relazione che abbiamo con noi pare oramai davvero che ci siamo..
lancio un ultimo sguardo, sentendomi altissima sulla pianura del Nivolet e mi illudo di arrivar con lo sguardo fino in Piemonte; là, fino a quel mio ricordo vivissimo custodito in fondo in fondo al cuore.. che è Ceresole.
Ancora pochi passi e abbastanza in piano (forse stiam davvero danzando con gli scarponcini sul tetto del mondo..)
.. ed ecco spunta l'alpe di Plan Borgno...
maestosa, solenne con le sue quattro costruzioni assolutamente diverse l'una dall'altra..
Quella col tetto a volta e il camino che a me sembra di latta, e con quell'anta vecchia scrostata di una finestra che si muove al vento che ci giurerei esser di larice, quella è la mia casa !! ;)


casa mia .... ;)

poco sotto c'è una fontana e un tetto gigantesco dell'altro edificio (la stalla?) che parte da terra, che dico parte dal prato..
La facciata immensa, vista di profilo, pare davvero essersi arretrata davanti a una raffica di vento, o forse proprio al cospetto del granparadiso, appoggiandosi sul mucchio di terra e prato dietro..
buffissima, sembra un fumetto!!
lascio andar avanti la mia amica...
Qualche metro sotto, nella conca dei monti, so che c'è ancora un piccolo gioiello e il suo apparire me lo voglio godere da sola..
pochissimi passi e sotto di me, in un bello e perfetto anfiteatro di rocce, si apre un laghetto color grigio lapislazzulo, limaccioso, fermo, freddo al solo sguardo, in cui il Granpa alle mie spalle e il monte che ho di fronte, fatto a vela e di cui nn conosco il nome, sembrano salutarsi.


laghetto subito sopra l'alpeggio superiore di plan borgno
Siamo solo io e la mia amica..
il silenzio,
la roccia e il verde della costa di monte davanti
la morbidezza di tutto il prato intorno
e un pezzo di ghiacciao (mi sembra) sul lato sx del lago, di cui nn son riuscita a trovar il nome :(
incanto, pace, e la rilassante sensazione di sentirmi, lì in quella conca di terra e acqua, come accolta amorevolmente nel palmo della mano di un gigante buono..
forse Dio, quello che nn sta nei libri di carta, ma in quelli di pietra e di roccia cm ho sempre pensato io...
Al solito un gran bel giorno tra monti...

DETTAGLIO ITINERARIO:





lunedì 1 agosto 2011

la montagna ci prende per la gol...etta!!!


31 luglio 2011
VDA: lago goletta, val di rhemes, 2700 mt
la suggestiva granta parei.
l'allegra banda montana :)
partenza da thumel.
disliv circa 850mt

E' quasi agosto, lo si capisce: lungo il sentiero per il Benevolo siamo come tante formichine in fila..
Noi un pò scalpitiamo perchè la nostra meta è un pò oltre il gettonato rifugio Benevolo. Superiamo educatamente, ma senza perderci  il gusto di rimirar quei fianchi erbosi di monti e quei salti di acqua che fin da subito innamorano e ogni volta, per me, come fosse la prima.
Gita semplice e piena, quella fino al rifugio Benevolo; adatta a chi voglia assaporare un Bignami delle bellezze della montagna, senza stancarsi.

La nostra meta prevede il lago Goletta, proprio sotto la Granta Parei e sotto la nera e panoramicissima Becca de la Traversiére, che si raggiunge anche dalla Valgrisenche, passando per il Col Bassac Derè.
Spettacolare punta che domina due ghiacciai, quello del Goletta, che forma il ns lago, e quello tanto  crepacciato del Glairetta.
Ma la nostra gita oggi non prevede quella bella salita.
Oggi siamo di lago ed ecco cosa significa esser di lago, oggi:

ad accoglierci, appena passato il colletto da cui si vede ancora il Benevolo, troviamo un bel vento freddo in lotta con un tiepido sole, capace comunque di accender d'argento le pareti di quel che resta del ghiacciaio, ovvero una graffiata calotta che svela sempre più la lucente roccia bagnata-colante, color grigio-piombo.

paesaggio scarno, detritico,
eserciti di nubi a cavalcar il cielo, cercando di scavalcar la Granta
e infine le plastiche acque del lago increspate dall'aria forte.

Dalle maniche corte agli antivento e cappelli..
Qualcuno si lamenta di questa anomala estate, che invece io adoro.

Saliti dal verde pacifico che inebria della Val di Rhemes (coi suoi torrenti, cascate, prati e cieli da cartolina), finiti nella lunare morena che ospita il lago e sembra aver imprigionato il vento lì, tra le pareti verticali di aspra roccia che guardano come sentinelle il ghiacciaio e le nostre spalle.

nonostante il freddo, si rimane in punta di cuore a sorridere con le nuvole che incedono e i tenaci raggi di sole che le attraversano.

Gran bella domenica, terminata, tornando alle mitissime temperature dei 2200 mt, con glorioso bagno nel torrente "freddino", poco prima del Benevolo:
le nostre urla di gioia e di..... gelo, per un attimo, si son fatte un giro nell'aria col silenzio della montagna!!


DETTAGLIO ITINERARIO: http://www.inalto.org/relazioni/escursionismo/lago_goletta